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Molti anni fa vivevo in una cittadina adagiata sulla riva del mare. Tutto lì sembrava respirare all’unisono: la natura intera vibrava di pace e di silenziosa armonia. L’aria era intrisa di dolce felicità — anche se oggi non so dire quanto di quella gioia nascesse dentro di me e quanto invece provenisse da ciò che mi circondava. Ma non aveva importanza.
Quel luogo era il mio piccolo paradiso, e lì ho lasciato un frammento del mio cuore. Anzi, porto ancora con me un frammento di quel paradiso.
Amavo passeggiare lungo la riva con il mio fedele compagno, Lucky. Le spiagge, candide come la luna, erano ricoperte di pietre bianche: grandi e piccole, rotonde o allungate, levigate o ruvide, alcune trafitte da buchi perfetti.
Ogni pietra era diversa, irripetibile, come una creatura dotata di propria memoria. Alcune portavano impressi i segni del passato — impronte di piante, di antichi animali marini, di un tempo che non conosco ma che potevo quasi sentire sotto le dita. Osservarle era come leggere un libro scritto dal mare. Erano lì da secoli, forse da millenni, testimoni silenziose di tutto ciò che è stato, custodi della saggezza del tempo.
Non potevo fare a meno di raccoglierle: tornavo spesso a casa con le tasche piene di pietre, cariche delle loro storie. Le disponevo con cura sui mobili, piccole sculture naturali, eleganti nella loro semplicità.
Un giorno, però, accadde qualcosa. Presi una pietra tra le mani e, all’improvviso, sentii la sua energia viva. Un desiderio dolce e profondo mi attraversò: nostalgia del mare, del sale sulla pelle, del calore del sole, della brezza che accarezza i capelli. Nostalgia delle notti di luna, del canto delle onde, del sorriso delle stelle.
Sentii davvero — il cuore della pietra.
In quell’istante compresi: le pietre non erano felici adagiate sui mobili. Sentivano la mancanza della loro casa. Il giorno seguente le raccolsi tutte e tornai al mare. Le posai sulla riva, le lasciai baciare dalle onde, e le vidi brillare sotto il sole come gioielli ritrovati. Il mio cuore era colmo — e anche quello delle pietre sembrava esserlo.
Da allora porto raramente via qualcosa dalla natura. Ogni cosa ha il proprio posto sotto il sole, un luogo a cui appartiene, dove può semplicemente esistere — ed essere felice.
Abbiamo tutti un nostro posto sotto il sole, dove possiamo essere pienamente noi stessi, circondati da ciò che ci nutre e ci ama. Forse, quando la felicità sembra lontana, tutto ciò di cui abbiamo bisogno è tornare al mare: ritrovare la natura, sentire il sole sulla pelle, il vento tra i capelli, la terra sotto i piedi. Lasciarci radicare, lasciarci rassicurare che tutto va bene. Lasciarci cullare dal canto degli uccelli come da una dolce ninna nanna.
Forse tutto ciò che dobbiamo fare è entrare nella foresta — e lasciare che il mondo ci faccia sapere che siamo amati.
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