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Gli gnomi vivono dieci volte più velocemente degli esseri umani.
Sono più difficili da vedere di un topo ad alta velocità.
— Terry Pratchett
Vivo in un luogo molto speciale, lontano da altre case, lontano dalle strade e dal rumore della civiltà umana. La mia casa è avvolta dalla natura, e proprio dietro il giardino riposa un bosco silenzioso.
Attraverso raramente il piccolo ponte che mi separa dal regno degli uomini. Preferisco respirare l’aria del bosco e trascorrere le mie giornate in compagnia di tutte le creature — grandi e piccole, visibili e invisibili — che vivono intorno a me.
Condivido il mio bosco con tre daini amichevoli che di notte dormono tra gli alberi e di giorno passeggiano nel giardino. Dalla cima del grande albero che sovrasta la casa, un corvo vigila pazientemente. Ci sono volpi, scoiattoli birichini, uccelli di ogni tipo e più ragni di quanti se ne possano immaginare. È davvero un luogo meraviglioso.
E poi c’è un altro regno — quello antico, che esisteva molto prima di noi. Un vecchio albero saggio custodisce il confine tra il bosco e le paludi oltre, dove gli esseri umani non sono i benvenuti. So di essere solo un’ospite qui, e lo rispetto profondamente.
Un po’ più avanti, vicino ai Boschi della Coda di Volpe, si trova la Palude Ingannatrice. È verde e rigogliosa tutto l’anno: d’estate si adorna di fiori delicati, e d’inverno si copre di un morbido muschio luminoso. Profuma di terra umida e di antichi segreti. Attira i passanti nel suo abbraccio… e a volte li inghiotte interamente.
Ho sempre sentito che in quella palude dovessero vivere delle creature. C’era sempre una presenza — sottile, attenta. E una mattina d’inverno ne ebbi finalmente la prova.
Durante la notte era scesa una neve fresca, che aveva ricoperto tutto con una scintillante coperta bianca. Camminavo verso i Boschi della Coda di Volpe, con un leggero senso di colpa per disturbare la superficie immacolata con le mie orme. Quando raggiunsi il limite della palude, notai una traccia di piccolissime impronte nella neve — non più grandi di quelle di un bambino di due anni.
Le impronte giravano intorno ad alberi e cespugli, intrecciandosi sul terreno invernale. Le seguii, cercando di capire da dove fossero cominciate. Non c’erano tracce di adulti, né segni di altre persone nel bosco. Alla fine trovai l’origine.
Uscivano direttamente dalla Palude Ingannatrice.
Un piccolo brivido mi attraversò — non di paura, ma di meraviglia. All’improvviso l’aria sembrò caricarsi, come se l’intera foresta trattenesse il fiato e osservasse in silenzio.
Da quel giorno, camminare in quel bosco non è più stato lo stesso. Ogni fruscio tra le foglie potrebbe essere lo gnomo del posto, che sfreccia a una velocità dieci volte superiore a quella umana. Me lo immagino mentre sgattaiola dietro di me, o mentre stuzzica le volpi tirando loro la coda, prima di svanire nel fitto sottobosco.
Questo mondo è pieno di antiche magie che dimentichiamo quando ci lasciamo trascinare dalle fatiche della vita umana. Siamo ciechi a molto più di ciò che riusciamo a vedere.
E certe cose si rivelano solo quando teniamo il cuore davvero aperto.
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